Il diabete possiamo definirlo l’epidemia del nostro secolo. I dati Istat del 2016 parlano chiaro.
Il Diabete è in aumento in tutto il mondo e rappresenta, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità un rilevante problema di salute pubblica.I casi di diabete mellito sono nel 90% di tipo 2, che insorge quasi esclusivamente in età adulta e quindi destinati ad per effetto dell’incremento della vita media.
Secondo le ultime stime del 2016 (Fonte: report Istat “Il diabete in Italia” del 20 luglio 2017) le persone che dichiarano di essere affette da diabete in Italia sono circa 3 milioni 200mila, pari al 5,3% dell’intera popolazione residente.
Si conferma la compresenza del diabete con malattie metaboliche quali obesità e dislipidemie (Fonte: Istat Report sul diabete 2016). Tra le malattie del sistema circolatorio, quelle ipertensive sono presenti nel 33,3% delle schede di morte con menzione di diabete (ovvero il doppio rispetto ai non diabetici).
Lo stesso vale per le malattie ischemiche del cuore, con una frequenza pari al 30% e un rischio relativo quasi doppio tra i diabetici rispetto ai non diabetici. L’aterosclerosi si ritrova molto spesso associata al diabete e l’analisi della mortalità mette in particolare evidenza il ruolo di altre malattie delle arterie come concausa. Anche le malattie del fegato risultano fortemente associate al diabete e sono presenti con una frequenza pari al 4,5% tra i diabetici.
Che cosa è il Diabete
Il diabete è una malattia cronica caratterizzata dalla presenza di elevati livelli di glucosio nel sangue (iperglicemia) e dovuta a un’alterata quantità o funzione dell’insulina. L’insulina è l’ormone, prodotto dal pancreas, che consente al glucosio l’ingresso nelle cellule e il suo conseguente utilizzo come fonte energetica. Quando questo meccanismo è alterato, il glucosio si accumula nel circolo sanguigno (Fonte: EpiCentro “Portale dell’epidemiologia per la sanità pubblica).
Vengono definiti diversi tipi di diabete.
Diabete di tipo 1
Riguarda circa il 10% delle persone con diabete e in genere insorge nell’infanzia o nell’adolescenza. Nel diabete tipo 1, il pancreas non produce insulina a causa della distruzione delle cellule ß che producono questo ormone: è quindi necessario che essa venga iniettata ogni giorno e per tutta la vita.
Il diabete di tipo 1 viene classificato tra le malattie cosiddette “autoimmuni”, cioè dovute a una reazione immunitaria diretta contro l’organismo stesso. Tra i possibili agenti scatenanti la risposta immunitaria.
Diabete di tipo 2
È la forma più comune di diabete e rappresenta circa il 90% dei casi di questa malattia. La causa è ancora ignota, anche se è certo che il pancreas è in grado di produrre insulina, ma le cellule dell’organismo non riescono poi a utilizzarla (insulino-resistenza)
Il rischio di sviluppare la malattia aumenta con l’età, con la presenza di obesità e con la mancanza di attività fisica. Questa osservazione consente di prevedere strategie di prevenzione “primaria”, cioè interventi in grado di prevenire l’insorgenza della malattia e che hanno il loro cardine nell’applicazione di uno stile di vita adeguato, che comprenda gli aspetti nutrizionali e l’esercizio fisico.
Diabete gestazionale
Si definisce diabete gestazionale ogni situazione in cui si misura un elevato livello di glucosio circolante per la prima volta in gravidanza. Questa condizione si verifica nel 4% circa delle gravidanze. La definizione prescinde dal tipo di trattamento utilizzato, sia che sia solo dietetico o che sia necessaria l’insulina e implica una maggiore frequenza di controlli per la gravida e per il feto.
I criteri per la diagnosi del diabete
I criteri per identificare il diabete sono (Fonte: “diabete.net”):
- sintomi di diabete (poliuria, polidipsia, perdita di peso inspiegabile) associati a un valore di glicemia casuale, cioè indipendentemente dal momento della giornata, ≥ 200 mg/dl
- glicemia a digiuno ≥ 126 mg/dl. Il digiuno è definito come mancata assunzione di cibo da almeno 8 ore.
- glicemia ≥ 200 mg/dl durante una curva da carico (OGTT). Il test dovrebbe essere effettuato somministrando 75 g di glucosio.
Esistono situazioni cliniche in cui la glicemia non supera i livelli stabiliti per la definizione di diabete, ma che comunque non costituiscono una condizione di normalità. In questi casi si parla di Alterata Glicemia a Digiuno (IFG) quando i valori di glicemia a digiuno sono compresi tra 100 e 125 mg/dl e di Alterata Tolleranza al Glucosio (IGT) quando la glicemia due ore dopo il carico di glucosio è compresa tra 140 e 200 mg/dl.
Si tratta di situazioni cosiddette di “pre-diabete”, che indicano un elevato rischio di sviluppare la malattia diabetica anche se non rappresentano una situazione di malattia. Spesso sono associati a sovrappeso, dislipidemia e/o ipertensione e si accompagnano a un maggior rischio di eventi cardiovascolari.
Ora che abbiamo inquadrato il Diabete in tutti i suoi aspetti tecnici ed epidemiologici e abbiamo capito che la problematica riveste una importanza rilevante nel quadro sociale, cerchiamo di capire qual’è l’approccio migliore dal punto di vista dell’allenamento.
Abbiamo visto che le linee guida prediligono un allenamento a bassa intensità e di media durata. Ma se non fosse la strada più corretta, se con una allenamento diverso e specifico potremmo migliorare la nostra sensibilità al glucosio?
Bene, oggi vedremo una serie di ricerche specifiche che hanno analizzato proprio questo:
L’allenamento intervallato ad alta intensità (in gergo tecnico prende il nome di HIIT) e i benefici che porta nei soggetti diabetici di tipo 2
Partiamo dal presupposto che L’approccio evolutivo è alla base di questo allenamento.
L’uomo non è stato programmato per correre lunghe distanze ma è stato progettato per muoversi lentamente e per produrre brevi tratti ad alta intensità.
HIIT è una modalità di esercizio caratterizzata da brevi momenti di riposo o di attività a basso impatto alternati momenti di vigoroso movimento.
Le modalità di esecuzione, così come gli adattamenti fisiologici indotti da questa forma di esercizio, sono variabili in relazione ad una molteplicità di fattori, quali la precisa natura dello stimolo utilizzato, l’ intensità, la durata e il numero degli intervalli eseguiti, così come anche la durata e il pattern di attività durante le fasi intercritiche di riposo (tra un burst e l’ altro). Le variabili coinvolte in un protocollo HIIT sono molteplici e sono elencate nella Tabella qui sotto
Ma l’allenamento HIIT può essere utile per chi ha il diabete di tipo 2 o una predisposizione ad esso?
Le linee guide sull’allenamento per soggetti diabetici era prettamente rivolta a eseguire esercizi di moderata intensità e periodi medio lunghi.
Uno studio dell’Università della Columbia Britannica Okanagan, Kelowna, BC, Canada ha dimostrato che l’allenamento ad intervalli ad alta intensità (HIIT) può promuovere miglioramenti nel controllo del glucosio e nella salute cardiovascolare nei soggetti con diabete di tipo 2.
Un risultato che va in contrasto con Le linee guida American Diabetes Association (ADA) e American College of Sports Medicine (ACSM) che raccomanda 150 minuti/settimana (o 30 minuti, 5 giorni / settimana).
È probabile che le linee guida di esercizio tradizionali si siano concentrate sull’esercizio a bassa o moderata intensità, poiché attività come camminare sono facilmente ottenibili, relativamente sicure e comuni perché sono alla base di uno stile di vita normale e attivo.
Tali attività però, potrebbero non essere in grado di fornire uno stimolo adeguato per aumentare l’idoneità cardio-respiratoria. Ciò è particolarmente vero per i pazienti con diabete di tipo 2, per i quali è dimostrato che un ritmo di deambulazione auto-selezionato durante l’esercizio fisico può essere troppo basso per ottenere miglioramenti nei principali indicatori di salute.
Pertanto, l’esercizio fisico supervisionato che prevede un esercizio più vigoroso può essere il mezzo più efficace per migliorare l’idoneità cardio-respiratoria e ridurre l’iperglicemia nel diabete di tipo 2.
Un altro studio danese che ha coinvolto più dipartimenti di ricerca di
Copenhagen ha sottoposto 29 individui con diabete di tipo 2 sono stati assegnati ai gruppi di controllo (no training) e HIIT.
I gruppi di formazione hanno ricevuto 3 sessioni di allenamento a settimana composte da 40 minuti di ciclismo al 50% del picco di carico di lavoro o 10 intervalli di 1 minuto al 95% del picco di carico di lavoro intervallato da 1 minuto di recupero attivo (HIIT). Controllo glicemico (HbA1c, test di tolleranza al glucosio orale, test di tolleranza del pasto misto di 3 ore con doppia tracciante e monitoraggio continuo del glucosio [CGM]), lipolisi, picco di VO2 e composizione corporea sono stati valutati prima e dopo 11 settimane di intervento.
L’allenamento ha aumentato il picco di VO2 di più nel gruppo HIIT (20% ± 20%) rispetto al gruppo NO HIIT (8% ± 9%) nonostante il minore dispendio energetico totale e il tempo di utilizzo durante le sessioni di allenamento. L’HIIT diminuiva di peso e di massa grassa rispetto al gruppo NO HIIT. Inoltre, la massa grassa viscerale, HbA1c, glucosio a digiuno, glucosio postprandiale, variabilità glicemica e HOMA-IR diminuiscono dopo l’allenamento HIIT.
Il ridotto glucosio postprandiale nel gruppo HIIT è stato determinato principalmente da una minore percentuale di comparsa di glucosio esogeno. Nel gruppo NO HIIT , la lipolisi postprandiale è stata aumentata nel periodo di controllo di 11 settimane.
Nonostante un volume di allenamento inferiore del 45%, HIIT ha portato a miglioramenti simili o addirittura migliori in termini di forma fisica, composizione corporea e controllo glicemico rispetto a END. Pertanto, HIIT sembra essere un trattamento tempo-efficace importante per le persone con diabete di tipo 2.
Quindi come puoi vedere il lavoro intervallato anche qui ha portato ottimi risultati sui soggetti affetti da diabete di tipo 2.
L’allenamento HIIT è sicuro?
I pazienti con diabete di tipo 2 prima di intraprendere qualsiasi esercizio ad alta intensità, è necessario che si sottopongano ad uno screening dell’elettrocardiogramma.
Una recente analisi retrospettiva di circa 5.000 pazienti in 7 anni di esercizio di riabilitazione cardiaca supervisionata ha riportato un basso rischio di eventi cardiovascolari acuti con HIIT ma non ciò non toglie che il tutto deve essere fatto con la massima precisione e cura.
Conclusioni
Queste ricerche ci fanno portano a dire che il lavoro intervallato può essere e deve essere un’alternativa valida al classico allenamento per diabetici.
L’HIIT in caso venga presentato a soggetti diabetici di tipo 2 deve essere assolutamente modulato nelle sue variabili di tempo e intensità.
Sarà perciò richiesta la supervisione di un professionista che avrà il compito di adattare il lavoro in base alla persona che più delle volte si presenterà in sovrappeso e con una ridotta capacità fisica.
Bibliografia
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https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/29272072
www.projectinvictus.it/hiit-high-intensity-interval-training-aspetti-scientifici-e-pratici/
www.Istat.it “Il diabete in Italia” “Report Diabete in italia 2000-2016”
www.ildiabeteinitalia.it